Psicologica scolastica - Lo Sportello Psicologico nell'era del Covid-19
Mi occupo da anni di consulenza psico educativa all'interno dell'ambito scolastico dal Nido alla scuola superiore.
Quest'anno il mondo è stato travolto dalla pandemia da Covid-19 che in poco tempo ci ha catapultati in un contesto surreale del quale, a quasi un mese dalla definizione della prima zona rossa di Vo' Euganeo, al fine di circoscrivere il contagio, ancora oggi facciamo fatica a comprendere appieno il significato e ad adeguarci ai cambiamenti radicali che ci sono richiesti come responsabilità individuale per il bene nostro e della collettività.
La scuola, come le aziende, si è attivata per erogare la didattica da casa, io ho pensato di adeguarmi offrendo la continuità dello Sportello psicologico che stavo già seguendo presso una scuola superiore della provincia di Como.
Un Sportello che cambia il setting, notevolmente ma non negativamente, secondo le ricerche del settore, ma che adegua gli obiettivi. Ovvero una consulenza che può riguardare il metodo di studio ma anche gli aspetti emotivi che accompagnano questa nuova gestione scolastica.
L'obiettivo è anche "fare da ponte" con i docenti in modo che possano adeguare il loro lavoro ed essere efficaci, ma in un momento in cui c'è ancora molta concentrazione sulla didattica potrebbe non essere così facile.
Dunque non uno Sportello che stravolge i propri obiettivi, non il punto di riferimento per l'assistenza da Covid-19 ma un riferimento per gli studenti e le famiglie soprattutto dal punto di vista psicologico ed educativo all'interno del quale il confronto sulla pandemia può trovare il suo spazio.
Le difficoltà, infatti, sono notevoli perché la trasmissione degli apprendimenti avviene attraverso un video facendo perdere di vista il clima della classe e le difficoltà del singolo. Difficoltà anche pratiche: spazi adeguati della casa, disponibilità del pc e della connessione internet...è richiesta poi una capacità organizzativa che gli alunni del primo anno faticano ad avere e che in questo contesto è reso ancora più difficile.
La frequentazione della scuola consente agli insegnanti di vedere, di sentire ciò che accade al di là della lezione che non è proposta in modo freddo e distante come invece in questa circostanza. Questo potrebbe anche scoraggiare gli alunni meno motivati e anche se l'anno sarà riconosciuto, secondo il Ministero, ci sarà da lavorare anche per recuperare.
Da psicologo dell'emergenza penso, per quello che vedo in diverse realtà scolastiche, che le attività proposte dai docenti a volte possano impegnare molto gli studenti togliendo la possibilità di riflettere su quanto sta accadendo.
Stiamo vivendo un'esperienza, speriamo unica, ma che sottovalutiamo perché guardando dalla finestra tutto sembra tranquillo, non ci sono ambulanze che sfrecciano a sirene spiegate più del solito, anzi, meno, né gente che urla il proprio dolore in mezzo alla strada, non ci sono funerali. I cimiteri sono chiusi e ai funerali a porte chiuse a volte partecipa un solo membro della famiglia. Non avvertiamo il pericolo e quindi sottostimiamo il rischio, altrimenti non correremmo nei parchi, non ci troveremmo per le grigliate e non usciremmo a fare la spesa più volte al giorno.
Eppure basta davvero poco per contagiarsi: vado dal medico e tocco la maniglia della porta, guardo i prodotti del supermercato e poi li ripongo...e poi con le mani mi tocco i capelli, mi sfioro il volto, tante azioni normali fatte di mille sfumature che possono però essere determinanti.
Non bisogna farsi prendere dalla paura ma parlarne questo sì, ed è per questo che la didattica è importante ma è importante anche lasciare il tempo per aprire delle riflessioni, per informarsi per lasciar sedimentare gli apprendimenti che non sono un "cacciar dentro la testa dei contenuti ma un saperli fare propri" per crescere e consapevolizzarci a tutte le età.
Quando tutto sarà finito e noi torneremo alle nostre attività, saremo ancora gli stessi?